Il sogno e la croce


Come vorrei che quest’oggi dai pulpiti delle cattedrali come dagli amboni di ogni chiesa cristiana scomparisse la retorica del sacrificio espiatorio e della vittima immolata per pagare il conto di qualcun altro.

La logica sacrificale presente in molte tradizioni religiose, ancor prima di quella cristiana, è una logica che serve a pacificare la coscienza e che spesso anestetizza la responsabilità individuale e collettiva con cui l’etica umana da sempre si confronta.

Come sarebbe bello se invece di costernarci dinanzi al sangue e alle ferite del Crocifisso trovassimo il coraggio di entusiasmarci intravedendo tra le pieghe di una morte infame, la logica folle e il sogno rivoluzionario dell’Uomo di Nazareth.

Non dimenticando che se oggi ci viene presentato come uomo “dei dolori” è perché ha vissuto una vita intera come uomo “degli amori”: amore per un Dio la cui volontà risiede unicamente nel bene e nella piena fioritura delle sue creature; amore per i poveri e i sofferenti, per tutti coloro che il potere sacro e profano aveva messo ai margini della società, fino ad escluderli perfino dall’esperienza comunitaria della fede; amore per le donne, protagoniste indiscusse della sua Pasqua, per quelle donne ancora di fatto marginalizzate dalla cultura patriarcale e clericale di molte comunità che pure a lui si rifanno; amore per i bambini, nel suo contesto storico senza alcun diritto, che lui pone come cifra del regno, e verso cui ha una vicinanza totale; amore per i sogni di fraternità, riconciliazione, prossimità, pace; amore per un regno mai concluso ma già realizzato nell’atto stesso di amare senza calcoli e misure.

È la fedeltà a questi amori che lo inchioda alla croce. Ed è l’amore che rende sacra la sua morte da escluso.

Per questo oggi piuttosto che rasserenarmi con la consapevolezza che lui ha pagato per me, per noi, come sacrificio gradito ad un Padre assetato di sangue (che buona notizia sarebbe questa?), preferisco lasciarmi scavare dentro dalla certezza che anche io posso pagare il debito che questo mondo ha con se stesso: il debito dell’amore. E la sua croce mi spinge così a chiedermi come amare di più, come fiorire di più, come amare non solo la mia piccola vita ma l’intero mondo, partendo da chi mi è affianco, collaborando alla fioritura dell’universo, iniziando sempre dagli ultimi e marginali per arrivare a tutti.

Questo era il suo sogno. Sogno inchiodato su una croce. Sogno chiuso in un sepolcro. Sogno risorto in Lui e in coloro che oggi continuano grazie a lui a sognare e a lottare.

(Illustrazione di naked  pastor)